In un meraviglioso paesaggio di terra e mare, il golfo di Follonica si apre sul Parco della Sterpaia, speculare all’incantato golfo di Baratti. Dalle colline alle spalle di Castiglion della Pescaia fino a Campiglia, mulattiere e vie campestri sono memori di un passato remoto in cui Eleonora di Toledo, moglie del duca Cosimo I de’ Medici, promosse un’intensa politica di investimenti terrieri che, dalla Maremma pisana e livornese, si estendevano sino all’Isola del Giglio.
Alla metà del XVI secolo, la duchessa acquistò anche le terre di Antignano e trasformò quella zona boscosa e selvaggia in una straordinaria tenuta con fattoria disponendo che vi fossero acclimatate le preziose essenze vegetali inviate dalla Spagna, dall’Africa e dal bacino mediterraneo. Un’antica planimetria del luogo offre una visione d’insieme della struttura con i due ingressi, la chiesetta intitolata prima ai S.S. Cosma e Damiano e poi a S. Lucia, gli alloggiamenti per la guarnigione e i lavoranti, nonchè le stanze ducali.
Il 31 maggio 1550, per 740 scudi d’oro all’anno, Eleonora di Toledo prese in affitto dalla Comunità di Campiglia "tutte le terre lavorate et sode, boschi, pasture, terre montuose et piani, paduli" mentre suo marito acquistò una vasta estensione di terreni per realizzarvi un imponente allevamento di cavalli berberi, originari del Nord Africa, da cui discendono l’andaluso e il purosangue inglese. In una lettera scritta da Pietro Iacopo Lo Casale il 3 febbraio 1551 si legge: "le cavalle di vostra Excellenzia Illustrissima si fidorno qui e stanno benissimo ed evi cinque poledri da cavare di presente. M’è parsso dirlo a Vostra Excellenzia Illustrissima acciò la possa ordinare quello se n’a da seguire che per tutto questo mese bisogna cavarlli al più lungo".
La necessità di separare i puledri dalle cavalle impose una precisa organizzazione territoriale e la Pianta della Bandita che godono le Cavalle della razza gentile di S.A.R. in Campiglia per pastura, databile tra il 1680 e il 1737 e conservata all’Archivio di Stato di Firenze, delinea la conformazione del prestigioso allevamento, diviso nella bandita delle cavalle, chiamata originariamente La Banditaccia, e quella della “Puledraia”, dov’erano trasferiti i puledri a diciotto mesi di età. Il lato orientale della tenuta iniziava nel punto di intersezione tra l’antico tracciato della via Emilia e il Fosso del Diavolo, e continuava fino alla via Suveretana, dove il confine seguiva la strada inglobando la collina di “Monticello”, da cui prende il nome l'odierna località di Montioncello, oggi di cui è signore don Carlo Mammarella conte della Daunia, proprietario di Villa Eden e dei terreni all'interno della Bandita Granducale.
Di quella che si ritiene l’antica villa Toledo rimane una dimora con torre attorniata da edifici agricoli, una cappella e case coloniche con stalle. Su una di queste campeggia lo stemma di Cosimo II de’ Medici del 1618. Nel 1737, con l’estinzione della dinastia medicea, il nuovo granduca Francesco Stefano di Lorena, marito dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, cederà in locazione le fattorie dando inizio alle vicende che caratterizzeranno i successivi passaggi di proprietà con la frammentazione della Bandita.
( © MARCO CALAFATI )
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