Via del Melo, Via del Pesco, Via delle Mandorle.. È difficile attraversare una città o un borgo italiano senza imbattersi in almeno un vicolo intestato ad alberi da frutto di cui l’odonomastica indaga l’origine del nome inseguendo curiosità storiche ed etimologiche.
Già nell’antica Roma, dove non esistevano gli indirizzi intesi in senso moderno, l’esigenza di orientarsi tra domus e insulae portò a prendere come punto di riferimento elementi identitari del paesaggio: le piante aiutavano a muoversi negli spazi antropizzati permettendo, per esempio, di individuare ad pirum (presso il pero) la casa del poeta Marziale sul Colle Quirinale.
Le storie di questi alberi si intrecciano a quelle degli sviluppi urbanistici, pianificati o meno, che investirono la campagna ritagliando, tra le maglie degli edifici, spazi per giardini, orti e patriarchi solitari, spesso recintati per marcarne la valenza sacrale di un nume pagano destinato a vegliare sul quartiere.
Albero sacro affrescato nel colombario di Villa Doria Pamphilij (30 a.C.)
Offrendo democraticamente ombra e ristoro, queste piante rappresentavano l'immagine ideale di un paradiso perduto. Talvolta morivano e non sempre erano sostituite, ma il nome assunto nel frattempo dalla strada o dalla piazza restava: un semplice pero diventava così "il Pero".
A Firenze, Via del Melarancio non ha più quegli aranci amari abbattuti con la distruzione del Paradiso dei Gaddi - giardino rinascimentale dove, come ricorda una lapide sul muro esterno dell’antico palazzo, il poeta John Milton scoprì l’Italia dei classici - e in Via del Fico non c’è più il grande esemplare coltivato nel Seicento nel cortile dell’omonima osteria. Presenze scomparse ma mai dimenticate.
Sorte diversa, forse perchè piantato nella Città Eterna, ebbe invece l’albero della centralissima Piazza del Fico. Simbolo di buon auspicio e prosperità, il Ficus ruminalis fu sempre considerato a Roma come pianta sacra e, avendo offerto riparo a Romolo e Remo prima che la lupa li salvasse dalle acque del Tevere, fu messo a dimora nel Foro Romano dove era venerato da sacerdoti pronti a sostituirlo con un nuovo esemplare per evitare sciagure in caso di suo deperimento.
Foto © Diego Guglielmi
Resi eterni dai nomi delle vie, tali frutti - antichi a modo loro - custodiscono le nostre radici e l’idea di casa e ciò che più affascina di questa curiosa tradizione è il legame spirituale e indissolubile che si instaura con la loro memoria perchè, nonostante i cambiamenti, i luoghi vivono dell’energia di chi li ha abitati: umani, animali o piante che siano.
( © DANIELE ANGELOTTI )
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