Pensando ai giardini storici, è inevitabile interrogarsi su quale sia il loro valore: un concetto estremamente affascinante da indagare nelle sue molteplici sfaccettature.
Esiste una dimensione culturale, riconducibile ad aspetti compositivi, ornamentali e vegetazionali nonchè alla loro evoluzione nel tempo; esiste una dimensione sociale, legata alla fruizione di tali spazi e al ruolo identitario che rivestono per un territorio e la sua comunità; esiste una dimensione ecologica, in stretto rapporto con l’ambiente e il paesaggio circostante.
La lista potrebbe facilmente continuare e questa ricchezza di accezioni ben inquadra la vastità dell’argomento che, tra gli scaffali di archivi e biblioteche, rimanda anche a una dimensione documentaria in cui l’arte dei giardini - resa immortale da disegni, registri dei conti e altre testimonianze - racconta la storia dell'umanità.
Villa Medicea di Lilliano, fine XVII secolo
In quest'ottica, si intuisce facilmente l'importanza del fare ricerca che Plutarco definiva come "l'atto di percorrere i vicoli per vedere se sono ciechi". Imbattersi in documenti come il seicentesco rilievo della Villa Medicea di Lilliano significa infatti entrare nella storia di un interessante giardino fiorentino, sintesi perfetta tra desiderio di bellezza e utilità.
Il periodo di maggior gloria del complesso iniziò quando, nel 1646, fu acquistato dal granduca Ferdinando II de’ Medici per ampliare la tenuta agricola della vicina Villa di Lappeggi. Fu suo figlio, il cardinale Francesco Maria, ad affidarne sul finire del Seicento la ristrutturazione all'architetto Antonio Maria Ferri che, impegnato anche nei grandi cantieri promossi dallo stesso committente proprio a Lappeggi, trasformò questa residenza di campagna in un luogo di delizie con orti destinati a “erbario”, pomari, una grande peschiera, fontane, conche d’agrumi e un ricercato “giardino de fiori nobili”.
(© Villa Medicea di Lilliano)
Di proprietà della famiglia Malenchini dal 1830, la villa conserva tuttora la sobrietà tardobarocca leggibile, per esempio, nell’asse prospettico dell’antico giardino di agrumi che ha mantenuto come punto di fuga il ninfeo disegnato da Giovan Battista Foggini oltre il quale si apre la campagna coltivata.
Anche in questo caso, il vicolo della ricerca non si rivela dunque cieco e, al contrario, fornisce molti spunti per comprendere la raffinatezza del vivere in villa al tempo dei Medici, peraltro facilmente percepibile contemplando gli affreschi di Pier Dandini e Rinaldo Botti che ornano le sale interne o perdendosi con l'immaginazione nella “retrocamera tutta dipinta al Indiana. Dove ne quattro angoli di essa e per ciascuno di essi vi è la libreria, segreteria, scarabattola, e servizzio del tè, caffè e cioccolata”: tutte eloquenti testimonianze di un valore fuori dal tempo, unico e assolutamente da preservare.
(© Villa Medicea di Lilliano)
( © DANIELE ANGELOTTI )
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